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Eventi tradizionali

Eventi tradizionali del comune di Sezze

La Befana scende dai tetti

Origini della Befana
La Befana (termine popolare di Epifania, cioè “manifestazione”) è nell’immaginario collettivo un mitico personaggio con l’aspetto da vecchia che scende nelle case attraverso le cappe dei camini per regalare due tipi di doni: quelli buoni, che sono il presagio di buone novità della stagione che verrà e il carbone che, invece, è il residuo dell’anno vecchio. Non sorprende che la festa della Befana coincide con i giorni legati al cambiamento di stagione.
Alcuni studiosi identificano la Befana con il mito della Dea genitrice primordiale, signora della vita e della morte, della rigenerazione della Natura.
Altri studiosi, invece, l’assimilano all’immagine della Dea antenata custode del focolare, luogo sacro della casa. La vecchietta infatti, si serve dei camini per far scendere l’allegria nelle case.
In molti paesi, la festa della Befana diviene un’occasione per lo scambio di regali, di doni ai bambini e per la celebrazione di feste folcloristiche.
Qualche antropologo vede in queste usanze un ricordo dei festeggiamenti pagani connessi con i “saturnali”. Le usanze dei saturnali richiamano per alcuni versi la licenza tipica del moderno carnevale (che in alcuni paesi si celebra appunto negli ultimi giorni dell’anno), per altri le usanze odierne proprie del periodo di Natale-Befana e Capodanno.
L’origine della Befana è dunque antichissima, discende da tradizioni magiche precristiane e, nella cultura popolare, si fonde con elementi folcloristici e cristiani: la Befana porta i doni in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Re Magi.
Quello che oggi raccontiamo ai bambini della Befana è che la notte tra il 5 e 6 gennaio, con un sacco colmo di giocattoli, cioccolatini e caramelle ed anche carbone, una vecchietta passa sopra i tetti e calandosi dalle cappe dei camini riempie le calze lasciate appese.
Nella società contadina e preindustriale, salvo rari casi, i doni consistevano in fichi secchi, dolcetti, noci e mandarini, insieme a dosi più o meno consistenti di cenere e carbone, come punizione delle monellerie.
La tradizione popolare la vuole a cavalcioni di una scopa “magica”, capace di volare, con un gonna sgualcita scura ed ampia, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un grosso cappello in testa, un paio di ciabatte vecchie e numerose toppe colorate.

La Befana di Sezze

Nel 1984 il Comune di Sezze si è attivato per il recupero della Festa della Befana che stava scomparendo ideando con la Ludoteca comunale “Orso Rosso” una nuova manifestazione, “La Befana scende dai tetti”, riuscendo a coinvolgere non solo bambini e ragazzi ma tutta la popolazione.
In quell’anno, mentre la Festa della Befana era stata tolta come giornata festiva e spostata alla domenica più vicina l'Ente, disinteressandosi del cambiamento avvenuto, volle festeggiare la vecchietta il 6 gennaio come da sempre.
Tra tante manifestazioni di protesta che si erano attivate per il ripristino della festa, Sezze si mise subito al centro dell’attenzione in campo nazionale.
Il quotidiano “Il Messaggero”, che aveva iniziato una raccolta di firme contro una simile decisione, commentò in pagina nazionale:“In questo squallore generale spicca tuttavia come un fuoco artificiale l’iniziativa che hanno preso a Sezze, rude cittadina montanara in provincia di Latina. Qui se ne infischiano se la Befana ovunque è stata spostata a due giorni dopo: 6 gennaio è da 1984 anni e 6 gennaio rimanga”.

Organizzazione della manifestazione

La settimana precedente la Festa della Befana, vengono acquistati gli ingredienti alimentari (patatine, caramelle, dolci, cioccolate, ecc.), le calze lunghe di cotone o di lana, il carbone “vero” (per rispettare la tradizione) e tutto l’altro occorrente per preparare le calzette presso la ludoteca comunale.
I tavoli vengono disposti in modo da formare una lunga tavolata e, come una “catena di montaggio”, i bambini della ludoteca confezionano le calzette: c’è chi è addetto alle patatine, chi alle tavolette di cioccolato…; altri al carbone (quello vero); altri ancora chiudono con lo spago le parti aperte delle calze ripiene; altri trasferiscono le calze nei sacchi di juta.
Possono confezionare le calzette soltanto quei bambini che non credono più al personaggio fantastico della Befana (generalmente dagli otto anni in su). Ogni anno vengono realizzate più di mille calzette da distribuire.
Intanto, in Piazza S. Pietro, gli operai del Comune costruiscono una casetta di legno appoggiata alle pareti del palazzo comunale, con i tetti caratteristici (tegole), un grosso comignolo e una porta d’accesso.

La mattina del 6 gennaio tutti i sacchi riempiti di calzette vengono portati dentro la casetta.
Dopo aver costruito le calzette sia bambini che ragazzi inventano e realizzano uno spettacolo da svolgere in pubblico il giorno della festa. Prima dello spettacolo, rinchiusi nella casetta, i bambini e la Befana (un ludotecario) si vestono e si truccano. Ogni anno lo spettacolo è diverso ma il tema di fondo è quasi sempre lo stesso: alle ore 15,00 del 6 gennaio, da sopra i tetti della casetta un presentatore (un altro ludotecario) intrattiene il pubblico raccontando la vera storia (o quasi) della Befana; dopodiché dalla cappa del camino escono gli spazzacamini (bambini della ludoteca) dicendo che la Befana non l’hanno vista; arrivano altri personaggi (un bambino-clown, un bambino-carabiniere, ecc.) che confermano pubblicamente che la befana è malata e non potrà venire a distribuire le calze.

Alla fine il colpo di scena: tra i fumogeni colorati e la musica della Banda Musicale cittadina, dal comignolo esce la Befana con la sua scopa magica, inizia la distribuzione delle calzette.
Dopo la distribuzione c’è la lotteria a premi: all’interno di ogni calzetta si trova un biglietto numerato; sopra i tetti vengono posti molti giocattoli (la Festa della Befana è la festa del giocattolo per eccellenza) acquistati dall’Amministrazione Comunale; due bambine, insieme con la Befana estraggono i numeri.
Ogni anno partecipano alla festa dai quattromila alle cinquemila persone.

Il Carnevale Setino

Il Carnevale di Sezze

Sezze ha da tempo immemore una maniera particolare e originale di festeggiare il Carnevale. E’ uno di quei pochi paesi italiani che ha proprie maschere carnevalesche: Peppalacchio e Peppa.


Peppalacchio è un fantoccio di canne e paglia, simbolo della cultura contadina, porta appese alle braccia le “saraghe” (aringhe affumicate) e si sposa il Giovedì Grasso con Peppa (già in stato interessante), altro fantoccio. Due maschere umili, senza “dignità” teatrale e letteraria, nate dalla fantasia popolare, che in quei giorni dell’anno diventano il simbolo del divertimento. Il Giovedì Grasso, giorno d’inizio del Carnevale di Sezze, “gli sposi” vengono sistemati su un carro trainato da un cavallo (sul carro c’è sempre una botte di vino) e seguito da un corteo formato dal gruppo sonoro munito di antichi strumenti musicali e dal gruppo canoro che canta e recita e da bambini e adulti mascherati.

Il corteo attraversa le vie del centro storico urlando, suonando e cantando più volte la famosa canzone di Peppalacchio.
Durante la sfilata, sia bambini che adulti intonano alcune filastrocche caratteristiche del Carnevale che ricordano il senso delle orge alimentari che si effettuavano una volta prima del digiuno della Quaresima.

Il corteo si ferma in ogni piazza della cittadina laziale e i due fantocci vengono uniti in matrimonio in maniera burlesca da altri due personaggi: il sindaco e il prete.

Al seguito dei due personaggi ci sono bambini e ragazzi vestiti da chierichetti e da impiegati comunali: eleganti, baffi lunghi e cappelli a cilindro, ecc.
Il Martedì Grasso Peppacchio viene messo al rogo accompagnato dai pianti della moglie (una donna vestita di nero che intona il pianto funebre dialettale.

Con il rogo termina il carnevale e un tempo il popolo traeva auspici per la nuova stagione: si credeva che una volta bruciato il fantoccio, lo spirito del male moriva e il terreno coltivato dava buoni frutti.
C’era chi cercava di ricavare i presagi per i raccolti della nuova stagione. Era convinzione della popolazione che le fiamme alte avrebbero portato una raccolta proficua.

Nella simbologia della cerimonia, Peppalacchio rappresenta il vecchio anno che muore e per mezzo del rogo si purifica e fonda la stagione dei raccolti. Al contrario, Peppa è la Terra Madre fecondata (è già incinta prima di sposarsi) e, restando viva, la sua fertilità diviene garanzia di una stagione propizia.
Questa importante funzione di terra fecondata che è di buon auspicio per i nuovi raccolti, richiama alla mente Opis, moglie di Saturno identificata dai Romani con Madre Terra e dèa dell’abbondanza

La Sacra Rappresentazione del Venerdì Santo

Puoi trovare tutte le informazioni sul sito web.

La Sagra del Carciofo

Ultima modifica: venerdì, 16 febbraio 2024

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